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Il vero problema non è l’app ma chi la usa

Il disgusto non è per i deepfake, ma per chi li crea e li consuma senza pensare alle vittime

Il vero problema non è l’app ma chi la usa

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Bloccare un’app non basta, serve riflettere su chi trova divertente distruggere la dignità degli altri online

C’è chi scarica un’app, la apre e pensa: “Fantastico, posso spogliare chi voglio con un clic”. Non serve molto altro per capire che il problema non è la tecnologia, ma il vuoto etico di chi la utilizza. Il Garante per la protezione dei dati personali ha bloccato Clothoff, l’ennesima app dei deepfake porno. Ma la domanda rimane: come siamo arrivati al punto in cui qualcuno trova divertente distruggere la dignità altrui?

Non un gioco ma una violenza digitale

Creare immagini false che ritraggono persone nude o in scene esplicite non è una “goliardata tecnologica”. È una forma di violenza. È usare un algoritmo per spogliare una persona senza il suo consenso. È un modo codardo e subdolo di umiliarla davanti al mondo, nascosti dietro uno schermo.

Chi ci rimette davvero

Le vittime non sono personaggi famosi che forse hanno mezzi per difendersi, ma ragazze, ragazzi, donne e uomini comuni. Spesso minorenni. Persone che si ritrovano catapultate in un incubo fatto di vergogna, paura e umiliazione. Chi clicca e genera quei contenuti non pensa all’effetto devastante che avrà sulla vita di chi compare in quelle immagini.

Il disgusto per chi alimenta questo mercato

Il vero schifo è che c’è una domanda. Senza utenti pronti a ridere, condividere e consumare questo materiale, queste app non avrebbero terreno fertile. Non esiste giustificazione, non c’è ironia che tenga. C’è solo la responsabilità di chi decide scientemente di trasformare un volto in pornografia, calpestando la dignità altrui per un piacere effimero e tossico.

Quando la tecnologia diventa un pretesto

Il deepfake, come tutte le innovazioni digitali, può avere applicazioni utili e persino creative. Ma quando viene usato per alimentare un mercato di umiliazione, diventa un’arma. E non è colpa dell’arma se qualcuno la prende e la punta contro un’altra persona. È colpa di chi preme il grilletto.

Una società che deve guardarsi allo specchio

Il blocco del Garante è giusto, ma non basta. Perché non basterà chiudere un’app se resta intatta la mentalità di chi la usa. E allora la domanda finale è scomoda ma inevitabile: che tipo di società stiamo diventando, se qualcuno trova piacere nel distruggere un’altra persona con un click?


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03 Ottobre 2025
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