Il Medio Oriente negli ultimi due anni è diventato una sorta di domino instabile, dove ogni tessera caduta ne ha trascinata un’altra. Un conflitto esploso a Gaza, la fine inaspettata del lungo potere degli Assad in Siria, l’ascesa di nuove figure politiche in Libano: eventi diversi, ma legati da una stessa catena di conseguenze. Dietro queste trasformazioni si intrecciano lutti, macerie e tensioni, ma anche la possibilità – fragile e sorprendente – di ridisegnare l’equilibrio della regione.
Dalla guerra di Gaza al crollo degli Assad
Il 7 ottobre è rimasto come una ferita aperta nella memoria collettiva. L’attacco in Israele e la guerra a Gaza hanno causato decine di migliaia di vittime e continuano a condizionare la politica dell’intera area. Eppure, paradossalmente, proprio questa tragedia ha innescato conseguenze inattese: il progressivo indebolimento di Hezbollah in Libano e la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria. Come sottolinea la giornalista libanese Caroline Hayek, “senza quel giorno drammatico, la fine degli Assad non sarebbe arrivata così presto”.
Il Libano tra pressioni e fragili equilibri
Il Libano, dopo anni di stallo politico, ha ritrovato un governo con il presidente Joseph Aoun e il premier Nawaf Salam. Tuttavia, la stabilità rimane fragile. L’uccisione di Hassan Nasrallah e i due mesi di guerra con Israele hanno lasciato un Paese diviso, mentre la questione del disarmo di Hezbollah resta centrale. Per la giornalista, il governo libanese “sta cercando di agire con diplomazia, promettendo al movimento sciita un ruolo politico, ma senza armi”. Una sfida difficile, aggravata dalle pressioni internazionali e dal rischio di nuove tensioni sociali.
La Siria dopo Assad
Dopo oltre mezzo secolo di potere degli Assad, il Paese è in mano a Ahmad al-Sharaa, ex leader islamista oggi accolto persino all’Onu. La Siria deve affrontare un compito immenso: ricostruire istituzioni, dialogare con Israele, trovare un equilibrio con i curdi e ridurre le fratture interne con drusi e alawiti. “Il nuovo governo – spiega Hayek – non può permettersi nemici ai confini, la priorità è ricostruire e stabilizzare il Paese”. La possibilità di un accordo con Israele, un tempo impensabile, è oggi discussa apertamente tra la popolazione, stanca di conflitti infiniti.
Israele e Libano, rapporti impossibili
Se in Siria il terreno appare fertile per un dialogo con Israele, in Libano l’ipotesi resta un tabù. La causa palestinese continua a unire musulmani e cristiani, rendendo impossibile qualsiasi apertura diplomatica. La missione Unifil, presente nel sud del Paese, ha ottenuto il rinnovo del mandato fino al 2026, ma il previsto ritiro entro un anno alimenta i timori. Senza i caschi blu, la regione rischierebbe di scivolare nuovamente nel caos, lasciando Hezbollah e Israele in un confronto permanente.
Il peso della comunità internazionale
Gli Stati Uniti e Israele spingono per il disarmo di Hezbollah, ma la strada è tortuosa. In Siria, invece, i rapporti con l’Occidente appaiono inaspettatamente più distesi. La presenza del nuovo leader siriano all’Assemblea Generale dell’Onu testimonia un cambiamento radicale, anche se restano aperti nodi cruciali: il ruolo della Turchia, il destino delle minoranze, la ricostruzione economica.
Un futuro ancora incerto
Il Medio Oriente continua a muoversi tra dolore e speranza. Le popolazioni chiedono stabilità, ricostruzione e fine delle guerre. Tuttavia, come ricorda Hayek, “è difficile immaginare un ritorno alla normalità in tempi brevi”. Tra Israele, Hezbollah, Siria e Libano, ogni passo in avanti sembra accompagnato da nuove tensioni, ma lo spiraglio di un cambiamento resta aperto.
22 Settembre 2025
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