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Solo 13 regioni garantiscono i Lea, la sanità italiana tra divari e nuove sfide

Fondazione Gimbe, dati preoccupanti sui Lea 2023, otto regioni peggiorano e la frattura Nord-Sud resta senza soluzioni concrete.

Solo 13 regioni garantiscono i Lea, la sanità italiana tra divari e nuove sfide

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La sanità italiana tra progressi e arretramenti, solo poche regioni adempiono ai Lea mentre i cittadini subiscono forti disuguaglianze

Nel 2023 soltanto tredici regioni italiane hanno raggiunto gli standard minimi richiesti per l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero le cure fondamentali garantite dal Servizio sanitario nazionale. In testa il Veneto, mentre al Sud superano la valutazione soltanto Puglia, Campania e Sardegna. I dati, pubblicati dal Ministero della Salute e analizzati dalla Fondazione Gimbe, confermano che la frattura tra Nord e Sud non mostra segni di riduzione.

La pagella della sanità italiana

Il monitoraggio Lea fotografa il livello con cui ogni Regione assicura tre aree cruciali: prevenzione, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. I risultati del 2023 mostrano un quadro complesso, con otto Regioni che peggiorano rispetto all’anno precedente. Tra queste spiccano Lazio, Sicilia, Lombardia e Basilicata, che hanno perso oltre dieci punti. Un dato che preoccupa, perché segnala difficoltà crescenti anche in territori considerati storicamente solidi.

Il commento di Nino Cartabellotta

Secondo il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, “la riduzione delle performance anche in Regioni con più risorse o con una reputazione consolidata dimostra che la tenuta del Ssn non è più garantita”. Si tratta di un segnale d’allarme che, avverte, non può essere ignorato. Al contrario, due regioni del Mezzogiorno, Calabria e Sardegna, hanno mostrato progressi significativi con incrementi rispettivamente di +41 e +26 punti.

Chi sale e chi scende

Dal 2022 al 2023 la Campania e la Sardegna entrano tra le Regioni adempienti, mentre Basilicata e Liguria retrocedono. Rimangono invece inadempienti la Calabria, il Molise e la Provincia autonoma di Bolzano, tutte ferme sotto la soglia minima in una sola area. Situazione ancora più critica per Abruzzo, Sicilia e Valle d’Aosta, che non raggiungono i livelli richiesti in due settori fondamentali.

Un divario che resta profondo

Il rapporto Gimbe sottolinea come la tutela della salute continui a dipendere fortemente dalla Regione di residenza. Questo divario non è soltanto numerico: secondo Cartabellotta, gli indicatori ministeriali rappresentano una sorta di compromesso politico tra Governo e Regioni, basato su soglie troppo basse che rischiano di mascherare le vere differenze territoriali.

La richiesta di una riforma

Per rendere più realistico il monitoraggio, Gimbe chiede l’ampliamento e la rotazione degli indicatori utilizzati nella “pagella” ufficiale. Inoltre, propone una revisione profonda dei Piani di rientro e dei commissariamenti, strumenti che hanno aiutato a riequilibrare i bilanci ma che hanno inciso poco sulla qualità dell’assistenza. Senza interventi strutturali, avverte la Fondazione, il divario Nord-Sud rischia di allargarsi ancora.

Una sanità da ripensare

La fotografia del 2023 mette in evidenza un sistema sanitario che fatica a garantire equità di accesso. Se alcune Regioni riescono a mantenere standard elevati, altre arrancano, e la distanza si traduce in differenze concrete nelle cure disponibili ai cittadini. Un Paese diviso non solo geograficamente, ma anche nei diritti fondamentali alla salute.


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03 Settembre 2025
© team icoe, editoriale blozine
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