Giulio Napolitano racconta la figura del padre Giorgio, dalla politica alla vita familiare, in un memoir che intreccia storia e affetti
Un disegno infantile, un uomo seduto alla scrivania sotto una lampada, la scritta "mio papà fa il deputato al parlamento". La firma in calce è di un bambino, Giulio Napolitano, e il soggetto ritratto è il padre Giorgio. Un’immagine semplice ma simbolica, che racchiude in pochi tratti l’essenza di un’esistenza dedicata alla politica e alla responsabilità istituzionale. Da dirigente del Partito Comunista Italiano fino al Quirinale, Giorgio Napolitano ha vissuto il suo impegno come un dovere verso il Paese, senza mai separarlo dalla dimensione privata.
Questa doppia anima è il filo conduttore del libro "Il mondo sulle spalle", in cui Giulio Napolitano, giurista e avvocato, ripercorre la vita pubblica e personale del padre. Il titolo stesso riflette il senso di responsabilità che Giorgio Napolitano ha sempre sentito, un peso che ha portato con rigore e dedizione fino ai massimi vertici della Repubblica italiana.
Tra mura domestiche e incontri storici
Le pagine del libro offrono uno sguardo inedito sulla famiglia Napolitano, dal quartiere Monteverde a Vicolo dei Serpenti nel rione Monti, passando per le cene con Enrico Berlinguer, sempre caratterizzate da rispetto reciproco nonostante le divergenze politiche.
Emerge il ritratto di una quotidianità scandita da affetti e incontri straordinari: Letizia Berlinguer che, conoscendo la passione di Giulio per la Lazio, non manca di assecondarla, oppure Walter Veltroni che si presenta alla porta con Bruno Giordano e Lionello Manfredonia, regalando al giovane Giulio un momento indimenticabile.
La presidenza e il peso delle scelte
Il 2006 segna la svolta: Giorgio Napolitano diventa presidente della Repubblica. Nel libro, Giulio racconta l’elezione attraverso la cronaca sobria di quei giorni e l’emozione contenuta del padre, che dopo l’ufficializzazione torna a casa per un pranzo speciale, eccezionalmente servito in sala da pranzo invece che in cucina.
Un momento di intima serenità che contrasta con il flusso ininterrotto di lettere e congratulazioni. La moglie Clio, con la sua ironia affilata, commenta: "Mio marito è diventato capo dello Stato e io sono diventata portiera".
Da Obama alla rielezione non voluta
Tra i momenti salienti del settennato, Giulio racconta il viaggio a Washington e l’incontro con Barack Obama, che in un colloquio informale confida a Napolitano un pensiero sorprendente: "A volte preferirei operare in un sistema parlamentare come il vostro". Parole che rivelano l’invidia per la flessibilità politica europea rispetto alle rigidità della democrazia presidenziale americana.
Nel 2013, l’Italia si trova in una situazione di stallo politico: tre schieramenti e nessuna maggioranza. Napolitano vorrebbe evitare la rielezione e arriva persino a farsi preparare un certificato medico per giustificare un passo indietro. Ma la politica segue un altro corso: falliscono prima Franco Marini e poi Romano Prodi, lasciando solo il nome di Napolitano. Giulio descrive quel momento senza alcun trionfalismo: "Non ci fu spazio per alcuna soddisfazione".
Il peso della memoria
Il memoir non si limita alla cronaca politica, ma restituisce anche l’umanità di un uomo che, stringendo la mano del figlio, dice con un sorriso velato di malinconia: "Quante persone abbiamo conosciuto". Una frase che racchiude una vita intera, trascorsa tra le stanze del potere e il calore della famiglia, tra decisioni cruciali per il Paese e momenti di semplice quotidianità.
Giulio Napolitano, nel portare alla luce questi ricordi, racconta non solo il padre, ma anche un pezzo di storia italiana, intrecciando il pubblico e il privato in un racconto intimo e universale.
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08 Febbraio 2025
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