Negli ultimi dieci anni, il tasso di utilizzo del congedo di paternità in Italia è aumentato significativamente, passando dal 19,2% dei padri aventi diritto nel 2013 al 64,5% nel 2022. Tuttavia, più di un terzo dei padri continua a non usufruire di questa opportunità, con percentuali ancora più basse tra coloro che lavorano con contratti precari o in aziende di piccole dimensioni.
Secondo un’analisi condotta dall’INPS e da Save The Children, la crescita del congedo di paternità ha registrato un picco nei primi anni di attuazione, per poi stabilizzarsi. Tra il 2022 e il 2023, infatti, l’incremento è stato minimo, di soli 0,5 punti percentuali, segnalando la necessità di nuove iniziative per sensibilizzare e incentivare l’uso di questa misura.
Un cambiamento culturale in corso, ma ancora incompleto
Il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, ha sottolineato che i dati mostrano un trend positivo, segnale di una trasformazione culturale in atto. Tuttavia, la percentuale di padri che ancora non usufruiscono del congedo resta alta, indicando la necessità di ulteriori campagne informative e incentivi. Daniela Fatarella, direttrice generale di Save The Children, ha evidenziato che, nonostante i progressi, esiste ancora un divario significativo nella condivisione della cura tra madri e padri, ostacolando una piena parità di genere nelle famiglie italiane.
L’importanza del congedo di paternità, benefici e impatti sociali
Introdotto nel 2012, il congedo di paternità ha l’obiettivo di favorire un’equa distribuzione dei compiti di cura tra genitori, rafforzando il legame tra padre e figlio. Negli anni, la durata del congedo è aumentata, fino agli attuali 10 giorni, e il suo utilizzo ha seguito un andamento positivo.
Dall’analisi dei dati INPS emergono alcuni benefici chiave:
• Favorisce la condivisione della cura tra madre e padre.
• Migliora il benessere psicofisico dei bambini.
• Rende più equo l’accesso delle donne al mondo del lavoro, riducendo il peso delle responsabilità familiari su di loro.
Chi utilizza di più il congedo di paternità
L’uso del congedo di paternità varia in base al tipo di contratto e al reddito del lavoratore. I padri con un contratto a tempo indeterminato sono i principali beneficiari (70%), mentre tra coloro con contratti a termine o stagionali le percentuali scendono rispettivamente al 40% e al 20%.
Il reddito gioca un ruolo determinante: l’83% dei padri con un guadagno tra i 28.000 e i 50.000 euro annui usufruisce del congedo, percentuale che scende all’80% per chi supera i 50.000 euro e al 66% tra chi guadagna tra i 15.000 e i 28.000 euro. Anche la dimensione dell’azienda è un fattore rilevante: nelle imprese con oltre 100 dipendenti, l’80% dei padri utilizza il congedo, mentre nelle aziende con meno di 15 dipendenti la percentuale scende al 40%.
Nord e sud, un divario che persiste
L’adozione del congedo di paternità non è omogenea sul territorio nazionale. Al Nord, il 76% dei padri aventi diritto ne usufruisce, percentuale che si riduce al 67% al Centro e si dimezza al Sud e nelle Isole, fermandosi al 44%.
A livello regionale, la Calabria registra la percentuale più bassa, mentre il Veneto è in testa per numero di padri che scelgono di usufruire del congedo. Questo divario riflette differenze strutturali e culturali che ancora influenzano la fruizione di questa misura di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.
17 Marzo 2025
© team icoe, editoriale blozine
blozine editoriale no-profit della
Centro studi su innovazione, comunicazione ed etica.
Copywriters
Francesca S., Matteo R., Laura A., Antonella B., Giorgio F., Anna C., Miriam M., Stefano G., Adele P. e Francesca N.
Chi siamo
iscriviti sulla nostra pagina Facebook e non perderai nessuna notizia!
© blozine, l'editoriale dalla B alla Z. Tutti i diritti sono riservati.